Titolo originale: Black House
Regia: Shin Terra
Cast: Hwang Jung -Min, Yu Sun, Kang Shin-Il, Kim Seo-Hyung
Musica: Choi Seung-Hyun
Costumi: Shin Seung-Hee
Montaggio: Nam Na-Young
Produttore: Cho Hwa-Sung
Casa di Produzione: CJ Entertainment
Fotografia: Choi Joo-Young
Soggetto: Kishi Yusuke
Sceneggiatura: Lee Young-Jong, Kim Shung-Ho, Ahn Jae-Hoon
Anno: 2008
Paese: Corea
Jena Juno è un ingenuo impiegato di un’agenzia di assicurazioni. Tormentato dal suo oscuro passato, l’assicuratore si ritrova coinvolto in un’inquietante catena di morti e incidenti. Dubbioso sul suicidio di un bambino, secondo lo stesso ucciso per incassare i soldi dell’assicurazione, inizia a sospettare del padre, ma la verità è ancora più atroce..
Un thriller cupo e morboso quest’orientale Black House che, a parere di chi scrive, strizza l’occhio ai capolavori di genere di casa nostra. I richiami infatti sono tanti: il trauma, i sensi di colpa, l’assassino è una donna, il duplice finale, le motivazioni psichiche che inducono il killer a commettere cruente azioni e altro ancora. Il film si muove in confini già esplorati quindi, eppure non delude le aspettative, presentandosi spesso più come un tributo ai gloriosi thriller del passato che come un nuovo modo di fare cinema di genere. Gli elementi determinanti del film riportano alla mente dello spettatore le pellicole argentiane e i cult firmati Mario Bava. Ritorna infatti la matrice ereditaria quale fattore scatenante dei brutali omicidi, ma non viene meno un profondo viaggio nella mente psicopatica di una donna capace di far strage di mariti e prole pur di aggiudicarsi i soldi della polizza. Come sempre, non viene meno l’elemento infantile: la sadica coppia che conosciamo, infatti, intraprende il suo folle cammino insieme sin dalla tenera età. Inizialmente vittime dei disturbi psichici dei due sono poveri animali indifesi, poi le prede divengono umane. Anche le torture ai danni della fauna e i disegni infantili riportano subito alla mente i nostri Fulci e Argento. Il personaggio protagonista, Jena Juno, risulta davvero ben curato. Assistiamo a una sua lenta trasformazione, di pari passo con quella degli altri personaggi. Lo scopriremo infine vittima e carnefice di un fatto di sangue consumatosi quando lui era ancora molto piccolo. Gli effetti speciali risultano d’impatto e realistici. Le musiche che accompagnano l’indagine dell’assicuratore contribuiscono a tenere alta la tensione. L’assassino predilige l’arma bianca e la sua figura, perfettamente interpretata, è uno dei punti cardine dell’intero girato. Forse abbastanza prevedibile in alcuni tratti, per il resto il film risulta bem scritto. Le scenografie descrivono perfettamente le atmosfere grigie e malsane del copione, con ambienti sporchi e non curati, resi ancor più angoscianti dalle perfette riproduzioni di arti amputati e cadaveri torturati che occupano largo spazio dell’intero film. Vincente la scelta stilistica di collegare a doppio filo prologo ed epilogo, mentre poco credibile può forse risultare la presa di coscienza da parte dell’assassino e la sua volontà di porre fine alla sua esistenza. Nel complesso, un film gradevole e che conferma ancora una volta la bravura del cast tecnico e artistico dell’altra parte del mondo. Consigliato, seppur non vivamente.