Titolo: Cafarnao – Caos e miracoli (Capharnaüm)
Regia: Nadine Labaki
Sceneggiatura: Nadine Labaki, Jihad Hojeily, Michelle Kesrouani
Cast: Zain Al Rafeea (Zain), Yordanos Shiferaw (Rahil), Boluwatife Treasure Bankole (Yonas), Kawthar Al Haddad (Souad), Fadi Kamel Youssef (Selim), Cedra Izam (Sahar), Alaa Chouchnieh (Aspro), Nadine Labaki (avvocatessa di Zain)
Musiche originali: Khaled Mouzanar
Fotografia: Christopher Aoun
Suono: Chadi Roukoz
Montaggio: Kodstantin Bock, Laure Gardette
Costumi: Zeina Saab Demelero
Produzione: Khaled Mouzanar, Michel Merkt, Akram Safa, Pierre Sarraf, Anne-Dominique Toussaint, Jason Kliot
Nazionalità: Libano
Anno: 2018
Durata: 123 minuti
Dimenticate i toni da commedia di Caramel (2007) e le concessioni da musical di E adesso, dove andiamo? (2011). In questa sua terza prova da regista, Nadine Labaki ci porta in quell’inferno che è Beirut, metropoli di oltre due milioni di anime che spazia da zone eleganti con palazzi signorili a slum in stile Calcutta, dove hanno trovato rifugio i profughi siriani e altri immigrati clandestini, e quartieri poveri dagli appartamenti fatiscenti e sovraffollati. Cafarnao, presentato a Cannes nel 2018 e vincitore del premio della giuria, è un film che non lascia tregua, in un crescendo di drammaticità che finisce per pesare come un macigno sull’animo dello spettatore. Chiaro segno di un intento riuscito: non lasciarci indifferenti di fronte a un’infanzia maltrattata, a diritti elementari cancellati, a una povertà atavica dalla quale sembra impossibile uscire.
Il film si apre in un’aula di tribunale in un cui un dodicenne, Zain, già in galera per aver accoltellato un uomo, si presenta davanti al giudice come querelante. Il ragazzino fa causa ai suoi genitori, Souad e Selim, per averlo messo al mondo. Superato lo stupore iniziale, veniamo invitati a seguire la storia di Zain e le cause dell’odio che si cela dietro il suo sguardo triste.
La famiglia di Zain vive in un quartiere degradato. In pochi metri quadri, i genitori e un numero indefinito di bambini vivono dormendo per terra. Quando non è impegnato a far sesso con la moglie, il padre Selim sonnecchia su un divano, mentre i figli più grandi vengono mandati in giro a mendicare o a fare lavoretti per guadagnare qualche soldo. Zain è particolarmente affezionato alla sorella minore Sahar. E quando la ragazzina viene costretta, a 11 anni, a sposare un uomo adulto, la ribellione di Zain esplode. Contesta i genitori, le loro scelte, la vita miserabile che conducono. E fugge.
Zain è il classico ragazzino più sveglio dei suoi anni, al quale la scuola della strada ha insegnato a difendersi. Tuttavia, cavarsela completamente da solo nel caos di Beirut è troppo anche per lui. Incontrerà sulla sua strada Rahil, un’immigrata etiope clandestina che lavora come cameriera, la quale si impietosisce e lo porta nella sua misera baracca. La donna ha un bambino piccolo, Yonas, che è costretta a nascondere: in cambio dell’ospitalità, Zain si improvvisa baby sitter. Finché Rahil un giorno scompare e Zain si ritrova di nuovo in mezzo alla strada, stavolta con la responsabilità di gestire un lattante…
Cafarnao, come ha spiegato la regista, vuol dire disordine, incarnato dal caos dei suoi appunti e delle infinite idee che ha concepito sulla sceneggiatura del film. La storia non è vera, ma è assolutamente verosimile. L’intreccio è frutto di tre anni di ricerche: Labaki ha frequentato carceri e quartieri poveri, per incontrare le persone e cogliere le loro storie e il loro dolore. Quando ha iniziato a girare, ha scelto gente comune come attori. “Sarebbe stato impossibile per degli attori professionisti incarnare degli individui dal vissuto così pesante, il cui quotidiano è un inferno. Ho voluto che il film entrasse nella pelle dei miei personaggi, piuttosto che il contrario”, ha dichiarato.
Zain, perennemente imbronciato, nella vita reale è un piccolo siriano, fuggito con i genitori dalla guerra. Forse non ha una famiglia così disastrata come nel film, ma conosce cosa sono la miseria, l’esilio, il non avere diritti. È un attore fantastico: il film poggia sulla sua splendida interpretazione. Altrettanto si può dire del resto del cast. Persino Yonas (che in realtà è una bambina e si chiama Treasure) proviene dall’ambiente dell’immigrazione clandestina in Libano e durante le riprese i suoi veri genitori sono stati fermati dalla polizia. Come ha raccontato Labaki, la piccola ha vissuto per tre settimane accudita dalla direttrice del casting.
Questo è soprattutto un film sull’infanzia negata e calpestata, sul diritto di ogni bambino a ricevere un minimo di amore e di andare a scuola. E anche di possedere un documento che ne dimostri l’esistenza di fronte allo Stato e alla società. Zain, mai registrato all’anagrafe, non ha neppure una carta d’identità. Cafarnao è un film equilibrato, essenziale, angosciante quanto serve per indurci a riflettere sui danni delle guerre, sui drammi dei profughi, sugli squilibri sociali. Non c’è contrasto fra i tanti temi che decide di affrontare, né eccesso, perché la sceneggiatura è ben congegnata e riesce a intrecciare le storie con naturalezza e veridicità.