Archivio film Cinema News — 02 Novembre 2022

Ad est di Sumatra (1953) è un avventuroso della Universal, affidato alla regia di Budd
Boetticher. Non è certamente uno dei suoi film migliori e risulta assai meno riuscito
del coevo, per certi aspetti affine, La baia del tuono, diretto da Anthony Mann
sempre per la Universal, di cui ho già parlato mesi fa, ma qualche motivo
d’interesse, scavando, lo si può trovare anche qui. Partiamo da una sintesi del film.
Inizio anni 50. Agli Americani fa gola lo stagno di cui è ricca l’immaginaria isola di
Tonga, ad est di Sumatra. Due dipendenti di una società mineraria vengono
incaricati delle ricerche, l’ingegnere Duke Mullane e il suo superiore Daniel Catlin,
che odia il tecnico, perché la sua fidanzata Lory Hale è una vecchia fiamma di
Mullane. Il seguito imbocca due percorsi differenti che s’incrociano di continuo. Il
primo riguarda lo sfruttamento degli abbondanti giacimenti di stagno, per i quali
Kiang, il Re dell’isola, oscilla tra accordo coi bianchi o lotta contro di essi, perché non
mantengono la parola data e vogliono solo sfruttare le risorse di Tonga (materie
prime e forza lavoro), ma anche/soprattutto perché la principessa Minola, sua
promessa sposa, intesse pubblicamente un flirt col fascinoso Duke, suscitando la
furiosa gelosia del sovrano. Il secondo percorso narrativo è di carattere
sentimentale-amoroso, e vede coinvolti i tre protagonisti di cui sopra, più Cantrill e
la sua donna, Lory, che Duke desidera ancora. L’esito di questi itinerari
continuamente intrecciati è prevedibile: Kiang e Mullane si affrontano in un duello
mortale la cui triplice posta in gioco è la vittoria nella “guerra” scoppiata tra
colonizzatori e colonizzati per lo stagno (motivazione parziale, ma la sola
ufficialmente dichiarata da ambedue i contendenti), e la contesa amorosa tra tre
uomini per la conquista di due donne, più complessa di quanto rivelino le
apparenze. Alla fine Kiang viene ucciso da Mullane nello scontro diretto e le due
donne, prima Lory, poi Minola, capiscono che l’uomo della loro vita non è quello che
esse stesse credevano di amare, e su questo torneremo. Minola, divenuta regina,
prosegue la politica di Kiang, prima che diventasse una specie di Otello dei poveri: gli
americani sfrutteranno lo stagno, aiutati dagli indigeni che in cambio riceveranno
regolarmente viveri e medicinali. Catlin che, battuto dal rivale nell’incruento duello
sentimentale, pare aver messo l’animo in pace, tornerà a dirigere da lontano le
attività sull’isola, mentre Duke, seguito dagli uomini più fidati e da Lory, svolgerà
altrove un nuovo incarico.
A prima vista East of Sumatra può sembrare uno dei peggiori film di
Boetticher, che conferma tale giudizio nella famosa “intervista transoceanica”di

2

Bertrand Tavernier 1 all’allora quasi ignoto regista, che ritiene il film “molto brutto”.
Tutto girato in studio, come d’obbligo per un b-movie della Universal dell’epoca,
l’avventuroso con Jeff Chandler e Anthony Quinn ricorre ad una serie di scene-
riempitivo, per colmare i vuoti della sceneggiatura ed arrivare, con poca spesa, ai
consueti 80/90 minuti di proiezione. Ecco allora una canzone che il cuoco nero della
squadra esegue sull’aereo diretto a Tonga, accompagnandosi con la chitarra, ecco
alcune inquadrature di uccelli e scimmie, che fanno sempre molto “giungla” dal vero
oltre alle due immancabili esibizioni di Susan Ball nei panni (succinti per il periodo)
di Minola: il ballo in onore degli stranieri ed il bagno nelle acque presso una cascata.
Tutto già visto, magari presentato meglio, in film a basso budget dei primi Fifties non
solo della Universal. Cosa dunque ci ha spinto a ripescare un’opera da cui lo stesso
autore prendeva le distanze? Pur non essendo anch’esse affatto originali, le vicende
amorose del film danno vita a una geometria complessa fatta di gelosie e di
contrasti razziali. La situazione è la seguente:
Kiang ama Minola che crede di amare Duke che ama Lory che crede di amare
Catlin. Il plot si incaricherà di eliminare i due elementi sentimentalmente di troppo
(Kiang e Catlin), mettendo in luce la morale esplicita- a livello amoroso- del film:
come dice Lory “Alcune donne scoprono troppo tardi piano chi è l’uomo che amano”.
In realtà per buona parte del film le due donne puntano le loro attenzioni, confesse
(Minola) o represse (Lory), sul vero epicentro amoroso della storia: Duke
Mullane/Jeff Chandler. La collocazione etnica dei personaggi crea ulteriori guai: se lo
scontro Duke-Kiang parte da motivi personali (l’amore di Minola) per sfociare in un
notturno duello mortale, quello che contrappone Duke a Catlin, pur mantenendosi
in un ambito privato, in cui la posta in palio è Lory, comporta due opposte visioni del
rapporto con gli indigeni. Secondo Duke occorre sfruttare la manodopera locale con
umanità (sempre comunque in un’ottica capitalistica), coinvolgendo gli isolani a
livello economico nell’estrazione dello stagno. Le loro prestazioni debbono infatti
essere pagate con merci di scambio, che l’ingegnere indica esplicitamente: vestiti,
coltelli e armi, a cui Kiang aggiunge dei medicinali, indispensabili in quelle zone
climatiche. Per Catlin invece gli indigeni sono dei semi-schiavi, esseri inferiori che
debbono avvertire sempre l’autorità dei padroni bianchi, lavorare gratis e obbedire
senza fiatare. A ben guardare il cattivo del film è senza dubbio Catlin e non Kiang.
Mentre infatti il monarca indigeno ha, sia pure solo in punto di morte, qualcuno che
lo ama veramente (Minola), è soggetto ma anche oggetto d’amore, il razzista Catlin
non è amato da nessuno, e, anteponendo le sue ragioni personali agli interessi della
compagnia mineraria che lo paga, causa lo scoppio delle ostilità cogli indigeni, non
1 Pubblicata sul n.157, luglio 1964 dei mitici “Cahiers du Cinéma” gialli. La citazione proviene da p. 9. La traduzione è
mia.

mantenendo la parola data da Mullane a nome della Eastern Development Corporation Ltd. A questo proposito occorre notare che Kiang non si sogna nemmeno di contestare ai bianchi il diritto di sfruttare lo stagno che abbonda nel sottosuolo di Tonga. Il capo indigeno anzi è disposto a scambiare l’utilizzo dei suoi sudditi nelle future miniere di stagno in cambio di merci. Anche se sicuramente Boetticher e soci non ci hanno affatto pensato, il Re di Tonga è un perfetto esempio di borghesia locale compradora, che viene a patti con il potere esterno per trarne vantaggio ed uscire rafforzata dagli accordi raggiunti. I sentimenti però lo tradiscono, Kiang muore per amore di Minola, non per difendere lo stagno, la ricchezza dell’isola. Minola gli succede e non muta di un et l’atteggiamento iniziale del re defunto verso gli stranieri, garantisce pace e collaborazione in cambio della certezza degli aiuti necessari per sopravvivere. Tra risse amorose e seducenti danze indigene, camicie sudate, sbronze senza ritegno, prelievi di campioni minerari, battute salaci dei subalterni di ogni campo sugli amori dei capi, gelosie violente (Kiang) o più segrete, perciò più maceranti (frutto di una civiltà differente? cfr. Catlin) Ad est di Sumatra finisce per delineare un perfetto quadro di rapporti imperialistici. E li fa digerire al pubblico dietro la cortina fumogena dei contrasti erotico- razziali su analizzati. Vi pare proprio roba da nulla?

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