Titolo originale: Eye in the Sky
Regia: Gavin Hood
Sceneggiatura: Guy Hibbert
Fotografia: Haris Zambalourkos
Cast: Helen Mirren, Alan Rickman, Aaron Paul, Phoebe Fox
Montaggio: Megan Gill
Musiche: Paul Hepker, Mark Kilian
Produzione: eOne Films
Distribuzione: Teodora Film
Nazionalità: Regno Unito
Anno: 2015
Durata: 102 minuti
Il diritto di uccidere è un film diretto da Gavin Hood con grande maestria. Attraverso le riprese, angolari, dall’alto e in primissimo piano dell’inizio del film ci coinvolge subito alla visione. Si vede una famiglia nei sobborghi di Nairobi che cucina pane per poi venderlo e una bambina che gioca con un cerchio. Se dovessi scegliere una foto che rappresenti questo film che non può definirsi del tutto di guerra, questa foto sarebbe quella famosa dove un bambino ferma un carrarmato portando un fiore. La vera protagonista di questa storia è proprio questa bambina Aily. Mentre questa famiglia conduce una vita di povertà, ma anche di vera dignità, a Nairobi, con strumenti sofisticati, hanno individuato una cellula terroristica proprio lì. Il colonnello Pawer insiste ad attaccare, ma non avendo l’identità esatta degli uomini e donne, questo non gli è possibile. Una questione politica, ma anche una questione legale. Così si avvicendano messaggi via computer e telefonate su cosa fare, anche perché nella casa che tenevano sotto controllo si scopre un arsenale pronto ad essere usato. Infine, l’ultima decisione, sparare un drone, un missile.
Durante il film ci si chiede è giusto attaccare o anzi è giusto fare una stima dei danni prima di attaccare, come se quelle vittime bianche sono valevoli di morire. D’altro canto i terroristi non si fecero scrupoli nell’ attaccare le torri gemelle; però noi dobbiamo per forza essere come loro? Che fanno la stima dei danni e dopo qualcuno chiede di ridurla al 45% oppure ridurre tutto a numero, stime, probabilità, possibilità e la cosa che li preoccupa di più è di chi sarà la responsabilità, infatti fanno a scarica badile sul prendere una decisione approfittando della gerarchia da loro creata. Un film che lascia da riflettere, che butta in pellicola la grave realtà di una guerra vista così da vicino. Un film vero di una realtà vera. All’inizio del film, c’è una citazione: nella guerra, la verità, è la prima causale. Si va in guerra per scoprire la verità, che sia religiosa, politica o sociale. Un po’ come in The Passion, quando Ponzio Pilato chiede alla moglie: “Qual’ è la verità, sottolineando che non sempre è facile prendere una decisione ed è questo il centro nevralgico della storia di questo film. E’ un continuo rimando di responsabilità. Ma la verità è in ognuno di noi: è in quella bambina morta per colpa del pane, è in un padre che aggiusta il cerchio magico per sua figlia, è un sorriso, quello del somaro, stroncato da un’altro missile; finché non ritroveremo il diritto alla parola, religione, opinione e non quella di uccidere che abbiamo ora. Siamo uniti nell’Unione Europea da molti anni, ma non siamo liberi; che sia nera che sia rossa la bandiera, la verità uccide ancora.
Il film è dedicato al compianto Alan Rickman, che riveste qui il ruolo del generale Frank Benson.