Archivio film Cinema News — 26 Settembre 2021

Titolo: Il matrimonio di Rosa (La boda de Rosa)

Regia: Icíar Bollaín

Assistente alla regia: Guillermo Escribano

Sceneggiatura: Icíar Bollaín, Alicia Luna

Cast: Candela Peña (Rosa), Sergi López (Armando), Nathalie Poza (Violeta), Xavo Giménez (Rafa), Ramón Barea (Antonio), Paula Usero (Lidia)

Montaggio: Nacho Ruiz Capillas

Musica: Vanessa Garde

Scenografie: Laia Colet

Produzione: Cristina Zumárraga, Pablo Bossi, Lina Badenes, Fernanda del Nido, Alexandra Lebret

Nazionalità: Spagna

Anno: 2020

Durata: 97 minuti

Attrice, regista e sceneggiatrice, la poliedrica artista madrilena Icíar Bollaín in Italia è nota soprattutto per Ti do i miei occhi (2003), un film drammatico sulla violenza domestica, in cui una donna offre una chance al marito che la maltratta e che si professa pentito, ma invano. È una storia che non si dimentica, perché scuote lo spettatore come un pugno nello stomaco. Nel 2004 questa pellicola ha vinto ben sette premi Goya, il maggiore riconoscimento cinematografico spagnolo.

Ora la regista torna con una commedia, Il matrimonio di Rosa, che propone un tema caro al pubblico femminile, ma che non mancherà di divertire anche gli uomini. Qualche mese fa, è uscito in Italia il libro La forza degli iperdisponibili scritto da una psicoterapeuta, Emma Reed Turrell. La protagonista del film, Rosa – la bravissima Candela Peña – sembra uscita dalle pagine di questo manuale. È un’iperdisponibile, ossia una persona che non sa dire mai di no agli altri. Lavora come costumista ed è bombardata di richieste dai colleghi. Ha un fidanzato, Rafa, che vede poco e una figlia, Lidia, con due gemelli pestiferi e un rapporto di coppia in piena crisi. Il fratello, Armando (un Sergi López decisamente imbolsito) è sull’orlo della separazione e chiede costantemente aiuto a Rosa per i suoi due figli. La sorella Violeta è troppo presa dal suo lavoro di interprete e né lei, né Armando si interessano del padre Antonio, rimasto vedovo e bisognoso di attenzione. Così il genitore si aggrappa alla figlia minore, Rosa, e si installa a casa sua senza neppure chiederle il permesso. È la goccia che fa traboccare il vaso.

Rosa decide di riprendere in mano la sua esistenza. E per farlo deve recidere alcuni legami e rifondare su basi differenti il rapporto con la sua ingombrante famiglia. Così lascia Valencia e torna nel paese della sua infanzia, Benicasim, dove il negozio di sartoria della madre è chiuso e impolverato da anni. Rosa decide di riaprirlo e di seguire la sua passione per la creazioni di abiti, che la lega alla figura materna. Per un attimo, si ha l’impressione che Bollaín, che è anche la cosceneggiatrice del film con Alicia Luna, imbocchi una strada in stile Chocolat (2000). Invece no: il film prosegue su toni frizzanti e comici, fondati sul non detto e sugli equivoci.

Forse a tratti lo schema è esasperato, ma l’obiettivo è chiaro: la regista vuole mostrarci cosa accade quando le persone non riescono a comunicare. Rosa parla, vorrebbe spiegare a tutti l’idea che le è balenata: un matrimonio simbolico con se stessa, da celebrare sulla spiaggia della sua amata Benicasim, che segni una svolta nella sua vita. Ma nessuno l’ascolta: alla parola matrimonio, tutti – dai fratelli al padre, da Rafa a Lidia – danno la loro interpretazione e a modo loro si intromettono, pensando di rendersi utili a Rosa. Ciascuno, in realtà, pensa a se stesso o proietta su di lei quello che farebbe per sé. Il risultato finale è esilarante. A un passo dal tracollo, qualcuno deve salvare la situazione. E come in ogni commedia che si rispetti, c’è l’immancabile happy end.

Come è nata l’idea di queste bizzarre nozze con se stessi? «Alicia Luna e io ci siamo imbattute nel “solo wedding” leggendo un articolo di giornale poco più di due anni fa», racconta la regista. «Un giornalista britannico ha raccontava di un’agenzia a Tokyo dove le donne possono realizzare il sogno di sposarsi ed essere “principesse per un giorno” nel loro abito da sposa, con auto da matrimonio e album fotografico inclusi, senza bisogno dello sposo». Da lì è partita una ricerca sul fenomeno del matrimonio con se stessi, che in realtà esiste anche altrove, e che racchiude l’idea di un impegno ad amare se stessi per tutta la vita, per poter essere rispettati dagli altri.

Un tema serio, svolto con grande umorismo, grazie a un cast perfetto per mettere in scena i difetti e le fragilità umane. Tutti noi siamo un po’ Rosa, o lo siamo stati, in un momento della nostra vita. Oppure siamo stati sordi ed egoisti, come i suoi familiari. Ecco perché questo film diverte e sa parlare al cuore di tutti.

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