Titolo: La Casa della Paura
Regia: William L. Rose
Soggetto: William L. Rose
Sceneggiatura: Gianfranco Baldanello
Cast: Daniela Giordano, Raf Vallone, John Scanlon, Rosalba Neri
Fotografia: Mario Mancini
Montaggio: Piera Bruni, Gianfranco Simoncelli
Musiche: Berto Pisano
Produzione: William L. Rose, Dick Randall
Distribuzione: Joseph Brenner
Nazionalità: Italia
Anno: 1973
Durata: 83 minuti
Una donna viene sequestrata e uccisa da un personaggio mascherato. Cambio di scena e vediamo una donna rilasciata dal carcere e affidata ad una famiglia per essere reintegrata nella società. La protagonista capirà ben presto di essere il prossimo bersaglio dell’assassino. Film che ricalca la corrente gotico splatter propugnata dal Boia Scarlatto del 1965 di Massimo Pupillo, in questa pellicola non a caso torna il costume rosso e l’approccio sadomasochistico con cui il carnefice tortura le sue vittime. Il film però non culmina nello slasher e neanche in efferatezze sadiche che potrebbero ricordare Mark of Devil di Micheal Armstrong, del ’70, ma potrebbe essere benissimo il prequel de I Frati Rossi di Gianni Martucci. La metodologia è la medesima: una setta si diverte a torturare donne compiendo nefandezze di ogni tipo e alla fine lo spettatore capirà perché.
Il messaggio anticipa di molto Hostel: anche la gente cosiddetta per bene uccide, è sadica e ha sete di sangue. Certi passaggi sono ben fatti, poetici ed emotivi, altri raffazzonati, messi a caso. La suspense a volte è tagliente ma non eccelle. Infatti gli omicidi che vengono commessi si prestano alla spettacolarità ma vengono conclusi male, controvoglia. Ad esempio, quando viene inquadrata una lancia che sta per sventrare la malcapitata, inizialmente la scena viene girata a regola d’arte ma poi si conclude grossolanamente con una semplice infilzata frettolosa. Anche il ritmo non è dei migliori, la noia è dietro l’angolo e acchiappa in modo troppo facile lo spettatore. Peccato, perché nel complesso il film non è proprio brutto, anzi appartiene al filone di quegli anni, fatto di film violenti incentrati su stupri, sevizie, omicidi e il tutto ricamato con un’atmosfera da pseudo giallo. ‘Pseudo’ perché qui il mistero è scontatissimo, già dalle prime sequenze si capisce dove si vuol andare a parare e chi sono i colpevoli. Inquadrature talvolta graffianti e complesse che però si affievoliscono in dialoghi troppo ridondanti e in momenti troppo statici. Presente anche una scena di amplesso ma troppo breve per dare una parvenza di erotismo al tutto. Molti nudi ma disposti male, solo all’inizio e alla fine, in cui si vedono le donne torturate senza pietà. Interessantissimi gli ultimi quindici minuti finali che però non giustificano la noia lacerante che occupa tutta la pellicola. Un voto quindi non molto soddisfacente ma neanche del tutto denigrante. Godibili le scene di tensione, l’inquadratura di un teschio che fluttua enigmaticamente in una stanza, la visione di una ragazza tagliata in due e l’irresistibile paura di un uomo che sta per essere ucciso. Il film se visto con occhio troppo critico viene completamente smantellato, catalogato come ‘brutto’, se invece lo si guarda come figlio della sua epoca, come gotico italico composto da qualche rivolo di sangue in più, seppur molto noioso e rabberciato, allora lo si può prendere, non certo per buonissimo, ma quantomeno curioso e discreto.
All’estero è considerato quasi un cult ed è conosciuto con il curioso titolo di Girl in the room 2A che potrebbe ricordare per assonanza a strane camere in campi di concentramento femminili o addirittura mutazioni fantascientifiche degne della Troma, ma niente di tutto questo. Girl in the room 2A è semplicemente la ragazza torturata nella stanza 2A. Belle le musiche e apprezzabili certi rintocchi macabri. Consigliato a tutti i fan del genere.