Ogni storia è un viaggio.Ogni libro è un viaggio nel tempo e nello spazio.La prima volta che ci imbattemmo nella visione di Sotto il vestito niente restammo incantati più che dall’intreccio thriller, dalla bellezza patinata e sposata alle pulsioni omicide mediante  trapano della supermodella danese Renée Simonsen, visto che per noi Carlo Vanzina era fino ad allora semplicemente il regista delle vacanze estive e delle commedie ricolme di comici televisivi e regionali alla Diego Abatantuono. Così se il thriller italiano ha guadagnato un punto in più per chi all’epoca conosceva Dario Argento e cominciava timidamente ad accostarsi anche agli esperimenti nel genere di Umberto Lenzi, Luciano Ercoli (La morte accarezza a mezzanotte, giallo seminale sulla moda ) e Sergio Martino. E’ l’analisi testuale di Sotto il vestito niente condotta con perizia critica da Claudio Bartolini, uno che sul thrilling nazionale ha  già digitato sul pc parecchie parole.Un agile volume che inaugura la collana di monografie di Gremese sui film cultuali del cinema di genere italiano, diretta dallo stesso Bartolini, ma che attenzione non è per stracultisti e fanzinari, ma affronta l’opera in questione, come se fosse Quarto potere, 2001 odissea nello spazio, La corazzata Potemkin e tutti quei momenti apicali del cinema, che le accademie ci impongono da anni come un mantra. Il risultato di un’analisi come questa è che spazza via molti pregiudizi intorno all’opera dei Vanzina bros., sicuramente due abili mestieranti del cinema popolare, ma capaci di picchi autoriali ed eleganza formale,  che ambivano qua senza dubbio ad una dimensione più internazionale. Di questa collana fa parte anche la monografia su Milano Calibro 9 scritta da Davide Pulici, mente con Manlio Gomarasca della rivista Nocturno,  che come sappiamo ha sdoganato dopo Il falcone maltese, Il Patalogo,  la coppia Ghezzi e Giusti il cinema bis italiano e non solo in maniera scientifica. Il capolavoro noir di Fernando Di Leo, autore pugliese con i fiocchi e grande amico di Renzo Arbore, come ci racconta il docfilm Down By Di Leo di M.Deborah Farina,  riabilitato criticamente anni fa da Nocturno, dopochè la cinefilia nostrana lo ha rimosso per troppo tempo dal radar. Due volumi urgenti, su due film accomunati da una matrice letteraria (Marco Parma per Vanzina e Giorgio Scerbanenco per Di Leo),  dal ricco apparato iconografico fra foto di scena, documenti ufficiali come stralci di sceneggiatura e pubblicazioni della produzione,  non necessariamente di nicchia, visto che Di Leo e i Vanzina bros. godono dei favori anche degli insospettabili, anche per rivendicare il posto d’onore, che queste figure si meritano nell’avventurosa storia del cinema italiano. Con la loro scrittura Bartolini e Pulici ne ricavano l’anima e la mettono in tavola, elaborando un percorso critico che ci aiuta a comprendere un’altra Milano. La  metropoli meneghina  non è solo quella da bere delle sfilate dei Vanzina, ma è cinema nero allo stato puro, poichè come scrive Pulici è anche “la Milano di Scerbanenco vive e respira nelle sue pagine con una forza icastica, potente e inesorabile.”

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