Archivio film Cinema News — 27 Ottobre 2020

“E l’Italia giocava alle carte e parlava di calcio nei bar e l’Italia rideva e cantava. Pssss Pssss..”

(Giorgio Gaber – La presa del potere – dall’album Far finta di essere sani 1973)

Doveva arrivare prima o poi in un paese allo stremo delle forze culturali e ideologiche, in cui l’attesa di ogni DPCM diventa l’attesa di una sentenza di messa a morte, la voglia (più che la volontà)

di mettere in burla questa tragedia pandemico-politico-economica.

Lo scorso 15 ottobre esce in sala Lockdown all’italiana prima regia di Enrico Vanzina, il quale orfano di Carlo prova a cimentarsi con l’urgenza bruciante dell’attualità

in forma di commedia di costume. Quello che ne viene fuori è un istant-movie in cui si cerca disperatamente di leggere il presente rimpiangendo il passato(sia sociale che cinematgrafico)annaspando nel marasma generale tra gag e battute putrefatte e imbarazzanti momenti di riflessione.

La commedia di costume, quella che ancora era in grado di raccontare un paese e le sue miserie umane, è praticamente estinta e Enrico Vanzina mette in scena la danza funebre

del genere.

Scherzare sulla morte al lavoro(di un virus) quando ancora il panico collettivo serpeggia tra la gente è un’impresa donchisciottesca, per questo Lockdown all’italiana non funziona nè sul piano della farsa n ètanto meno risulta credibile sul versante moraleggiante(con sguardi in macchina vuoti da pubblicità progresso).

Le corna al tempo del covid, con chat erotiche, smart working, diete e convivenze forzate mettono solo sgomento e nemmeno gli interpreti paiono crederci, deambulando come zombie spaesati su un set da Salone del Mobile.

Ezio Greggio mattatoreggia fingendo di essere ancora in un suo film anni 90, Paola Minaccioni(forse la migliore) colorisce come può il tutto con smorfiette all’amatriciana.

Ricky Memphis è in rigor mortis comica da cinepanettone fuori stagione, mentre Martina Stella dimostra ancora una volta di avere origini fiorentine.

Il serioso pippone sparato da Greggio in terrazza e Riccardo Rossi che chiede a Memphys(ma con un’interpellazione in macchina) “Lei non ha paura?”, sono lampi di tragedia in cui l’attualità ha la meglio sulla finzione, senza filtri satirici o rielaborazione alcuna, funzionando solo come squallidi spot anti-negazionismo.

Nessuna caricatura mostruosa ne viene fuori e a confronto si rimpiange il bipolarismo politico di Selvaggi(1995). Non siamo più nell’epoca di Yuppies e Finte bionde, e Vanzina fa agitare sui piccoli schermi domestici, in maniera sinistra e spettrale, spezzoni della commedia che fu tra un Banfi e un Albertone con un paio di momenti autoreferenziali, la voce fuori campo di Abatantuono ne “I fichissimi” e la malinconia conclusiva di Sapore di mare.

Martina Stella si commuove davanti alla Celeste nostalgia mentre Ricky Memphys fa eco dalla camera da letto: Che angoscia. Amen!

Voto: 3

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