Titolo: L’ultima luna di settembre (Harvest Moon)
Regia: Amarsaikhan Baljinnyam
Sceneggiatura: Amarsaikhan Baljinnyam, Bayarsaikhan Batsukh
Cast: Amarsaikhan Baljinnyam (Tulgaa), Tenuun-Erdene Garamkhand (Tuntuulei), Damdin Sovd (Ambaa), Davaasamba Sharaw (nonno), Tserendarizav Dashnyam (nonna)
Musiche: Odbayar Battogtokh
Costumi: Bolor-Erdene Naidannyam
Fotografia: Joshua Fisher
Produzione: Uran Sainbileg con IFI production
Nazionalità: Mongolia
Anno: 2022
Durata: 91 minuti
L’ultima luna di settembre di Amarsaikhan Baljinnyam ha vinto due premi del pubblico, uno all’ultima edizione del Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina a Milano e l’altro nel 2022 al Vancouver International Film Festival. Non è un caso: è un film di nicchia, proveniente dalla Mongolia – un Paese più noto per pastori e yurte che per registi, nell’immaginario collettivo – ma è denso di poesia e bellezza. Il regista, che nel film recita anche il ruolo di Tulgaa, uno dei due protagonisti, gioca sulla corda dei sentimenti umani universali. In particolare, il focus di questa storia è sul rapporto padre-figlio.
Il quarantenne Tulgaa vive a Ulan Bator, come tanti mongoli che hanno abbandonato la vita tradizionale fatta di pastorizia per un lavoro in città e una vita più comoda. Un giorno riceve una chiamata dalla landa sperduta in cui è cresciuto: suo padre Ambaa è moribondo. Tulgaa non può sottrarsi al dovere filiale di assisterlo, anche se è in realtà suo figlio adottivo. Alla morte dell’anziano, Tulgaa viene coinvolto da due paesani nel taglio del fieno, che suo padre aveva promesso di eseguire prima dell’ultima luna di settembre. È un lavoro duro, che si fa con la falce e con tanta pazienza, senza macchinari.
La presenza di Tulgaa, che è ormai un estraneo nel villaggio, è notata dal piccolo Tuntuulei, il nipote di due anziani vicini di yurta. Il ragazzino, che ha una decina d’anni, è subito attratto dall’uomo. Per avere la sua attenzione, lo provoca facendo lo spaccone, ma è fin da subito chiaro che sta cercando amicizia. Il bambino finisce per diventare la sua ombra: gli arrotola le sigarette come fa con suo nonno e gli offre del cibo, mentre il gigante Tulgaa lo prende sotto la sua ala protettiva. Vanno insieme a pesca, giocano a carte, si muovono a cavallo nel meraviglioso paesaggio mongolo, sconfinato e selvaggio. C’è anche un momento di rottura, in cui l’adulto urta la sensibilità del bambino, ma il rapporto si ricuce. All’orizzonte, però, incombe la data in un cui Tulgaa terminerà il lavoro e dovrà tornare in città a riprendere la sua attività di chef in un albergo. A differenza di molti film hollywoodiani di buoni sentimenti, qui non è previsto un happy end, e questa scelta rende la storia più dolorosa, ma forse più vera.
Ispirato al romanzo breve Tuntuulei di T. Bum-Erden, L’ultima luna di settembre ci racconta del desiderio di una figura paterna nella vita di un bambino, ma anche di un impulso verso la genitorialità da parte di un adulto. Tuntuulei non è orfano: del padre non si sa nulla, la madre vive a Ulan Bator ed è così presa dal suo lavoro da non avere tempo per il figlio neppure al telefono. Quando Tulgaa incontra il bambino, finisce per rispecchiarsi in lui. Anch’egli da piccolo era stato abbandonato e Ambaa, che l’aveva accolto, era stato con lui un padre severo. Quindi, è una sorpresa per quest’uomo chiuso e apparentemente anaffettivo scoprire di essere in grado di provare un amore paterno nei confronti di Tuntuulei. Nel film il bambino trova temporaneamente il padre di cui aveva bisogno e l’adulto asseconda un bisogno di paternità che non c’entra nulla con il sangue, ma nasce dai sentimenti.
L’ultima luna di settembre è anche un viaggio alla scoperta della vita tradizionale in Mongolia, che sempre più persone stanno abbandonando attratte dal miraggio del denaro, ma anche stanche della fatica che implica. In queste immense praterie, si vive soli con la famiglia e con gli animali, spesso senza acqua corrente ed elettricità nella yurta. Gli inverni sono lunghi e gelidi. È un’esistenza fatta di grandi silenzi, che si interrompono solo in occasione di qualche festa fra gli sparuti abitanti della zona. Eppure, come racconta Baljinnyam, si è circondati da luoghi intrisi della poesia della natura, che riempie l’anima di pace e tiene lontani dai bisogni consumistici indotti della società globalizzata. Sì, si può sopravvivere con dignità sentendosi appagati anche possedendo poco. È uno straordinario Tuntuulei il giovanissimo Tenuun-Erdene Garamkhand, che recita con grande naturalezza. Il regista, che è anche sceneggiatore, è un convincente Tulgaa. Di tutto il cast, Baljinnyam è probabilmente il volto più noto, con anni di carriera alle spalle e partecipazioni a vari film (fra gli ultimi, Marco Polo di Netflix nei panni del fratello di Khubilai Khan e Under the Turquoise Sky del giapponese Kentaro).
L’ ULTIMA LUNA DI SETTEMBRE | Trailer ufficiale | Dal 21 settembre al cinema – YouTube