“Oppenheimer” si impone da subito come ricostruzione accurata in IMAX e 70 mm sull’opera del fisico, che ha traghettato l’umanità verso il Male più apocalittico e disintegrato in quanto cosmico, tornato alla ribalta internazionale dopo le minacce putiniane. Struttura narrativa fondata su andirivieni temporali oscillanti fra il bianco e nero e il colore. Nessuna CGI ma fungo atomico realizzato alla vecchia maniera. “Stalin spera che la usiamo contro il Giappone” dice Matt Damon a Cillian Murphy dopo il test nucleare nel deserto e come nella serie PEAKY BLINDERS l’attore irlandese inquadrato in piani medi, insonorizzazioni per la deflagrazione nucleare nel deserto e chiaroscuri usa il potere supremo per delineare dolore e sofferenza (“il potere resta nell’ombra”). Robert Downey jr. e Gary Oldman recitano con il metodo Stanislavskij. Visionario ed allucinatorio, moltiplicatore dei punti di vista, secondo l’estetica della fisica quantistica cara all’autore. Nolan riesce però dove aveva fallito Roland Joffé con la regia piatta e populista de L’OMBRA DI MILLE SOLI (1989), dove Oppenheimer era Dwight Schultz: argomenta in maniera dettagliata una tesi sulla fissione dell’atomo di Ettore Majorana come “la fisica è su una strada sbagliata” e tanto basta per lo scrivente.”icostruzione accurata in IMAX e 70 mm sull’opera del fisico, che ha traghettato l’umanità verso il Male più apocalittico e disintegrato in quanto cosmico, tornato alla ribalta internazionale dopo le minacce putiniane. Struttura narrativa fondata su andirivieni temporali oscillanti fra il bianco e nero e il colore. Nessuna CGI ma fungo atomico realizzato alla vecchia maniera. “Stalin spera che la usiamo contro il Giappone” dice Matt Damon a Cillian Murphy dopo il test nucleare nel deserto e come nella serie PEAKY BLINDERS l’attore irlandese inquadrato in piani medi, insonorizzazioni e chiaroscuri usa il potere supremo per delineare dolore e sofferenza (“il potere resta nell’ombra”). Robert Downey jr. e Gary Oldman recitano con il metodo Stanislavskij. Visionario ed allucinatorio, moltiplicatore dei punti di vista, secondo l’estetica della fisica quantistica cara all’autore. Nolan riesce però dove aveva fallito Roland Joffé con la regia piatta e populista de L’OMBRA DI MILLE SOLI (1989), dove Oppenheimer era Dwight Schultz: argomenta in maniera dettagliata una tesi sulla fissione dell’atomo di Ettore Majorana come “la fisica è su una strada sbagliata” e tanto basta per lo scrivente.
Voto: 8