Archivio film Cinema News — 07 Settembre 2019

Titolo originale: Ricordi?

REGIA: Valerio Mieli

ATTORI: Luca Marinelli, Linda Caridi, Giovanni Anzaldo, Camilla Diana

SCENEGGIATURA: Valerio Mieli

SCENOGRAFIA: Mauro Vanzati

FOTOGRAFIA: Daria D’Antonio

MONTAGGIO: Desideria Rayner

PRODUZIONE: Bibi Film, Les Films D’Ici, Cattleya, Rai Cinema

DISTRIBUZIONE: Bim Distribuzione

PAESE: Italia, Francia

ANNO: 2019

DURATA: 106 min.

Cosa è il ricordo? È la nostra storia, il nostro primo mezzo di apprendimento, la maggiore fonte di costruzione del nostro sé ma anche, talvolta, il nostro più grande ostacolo per andare avanti.

 Ci sono amori finiti che si nutrono del ricordo del passato e ci sono amori che il ricordo rende orfani di un possibile futuro perché hanno tutto il sapore della sofferenza.

Questo film è il racconto di quanto il ricordare possa essere ostacolo alla serena concretizzazione di un sentimento d’amore persino quando esso sia sincero e profondo. È una enciclopedia del ricordo: dolore, gioia, ansia, illusione, desiderio, delusione, fuga, ritorno. Tutti attimi perpetuamente riportati visivamente alla memoria in una ciclica tristezza che via via ammanta il sorriso solare di Lei –la solare protagonista femminile, insegnante di Liceo-, la musica che accompagna le scene, la fotografia che stempera la luce e i colori.

E i ricordi di ogni personaggio sono assolutamente soggettivi e differenti pur quando si ricordi lo stesso evento che viene dunque alterato.

C’è un lavoro psicologico molto interessante, da parte del regista e sceneggiatore, che indaga ed eviscera le diverse prospettive emotive di ogni singolo personaggio, dai protagonisti a quelli secondari, funzionali a delineare sempre più e sempre meglio il dramma esistenziale di Lui –professore di Storia all’università-, intriso del più profondo pessimismo e convinto che non ci possa essere gioia duratura, in generale ma soprattutto in una relazione amorosa (al delinearsi delle prime fratture dirà, infatti: “questa storia ha iniziato a finire nel momento stesso in cui è iniziata”) e il contagio che poco a poco tirerà a fondo Lei (“resta qui, resta tu; in fondo c’è quell’odore di morte che tanto ti piace”, gli dirà prima di andar via dalla casa in cui vivono insieme).

Il sentimento d’amore appare fragile e intermittente come i due protagonisti ma, al tempo stesso, ricco di molteplici sfumature accompagnate e sottolineate tanto dall’uso del colore (per gli abiti di Lei, ad esempio, si passa dal giallo giallo, dapprima, al mattone e infine si approda gradatamente al nero) quanto dalla sapiente scelta dei brani della colonna sonora –terzo coprotagonista di questo lungometraggio- quasi interamente formata da brani di musica classica. Di certo non appare casuale la scelta delle composizioni di Debussy la cui musica è eterea e sognante, armonicamente “sospesa” ma sensualmente concreta, e funge da filo conduttore che lega dall’inizio alla fine -sebbene intervallato da composizioni di altri grandi musicisti e di differente genere e stile- la storia di Lui e Lei.

Il ricordo costringe in un presente bloccato nel passato che non può avere futuro se non in esso, unico luogo in cui l’amore può durare per sempre. Ma sarà davvero così?

“E doveva arrivare anche lui, no?”

“Lui chi?”

“Il futuro. Dopo tutto quel presente… Però la cosa di immagazzinare i ricordi era bella. Pensa che peccato tutti quelli che oramai si sono persi. Che fine hanno fatto?”

“Non lo so. Che fine hanno fatto? Puf…”

“Eh sì… puf!”

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