Archivio film Cinema Eventi News — 19 Settembre 2016

Alcune inquadrature ricorrenti della 73sima Mostra del cinema di Venezia : lo stupore di Lav Diaz di aver agguantato il Leone d’oro per The Woman who Left, Emma Stone ringrazia incredula tutti tramite videomessaggio per la coppa Volpi ricevuta come miglior attrice per il musical La La Land, chiaramente la delusione dei cineasti italiani nonostante la presenza del mesmerizzante documentario Spira Mirabilis, di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti nel concorso. E ancora thriller come il labirintico Nocturnal Animals di Tom Ford, orrori cannibalici nel solito Texas come The Bad Batch di Ana Lily Amirpour, che figurano a sorpresa nel palmarès del festival. Ora che i giochi della giuria sono fatti, va elogiato l’operato del presidente Sam Mendes e dei suoi compagni di strada.Hanno seguito il criterio dell’equità, consacrando definitivamente Lav Diaz, un regista filippino, oggetto proibito per lo spettatore medio per colpa dei distributori bottegai, anche se sembra dai social che anche la cosiddetta casalinga di Voghera abbia visto i suoi film. Insomma quello che passa per la testa ad un gruppo di selezionatori veneziani, è arrivato al sofisticato e insieme poco accademico gusto per il cinema dei giurati. Ma non è questo nemmeno l’aspetto più divertente e meno scontato della Mostra gestita da Alberto Barbera, che con naturalezza riassume tutti gli stili accumulati negli anni dal cinema internazionale: l’autorialità a tutto campo e talvolta ostica di Lav Diaz , la fantascienza introspettiva di Arrivaldi Denis Villeneuve, il divismo di The Light Between the Oceans di Derek Cianfrance con la coppia Alicia Vikander/Michael Fassbender, il sofferto passaggio alla fase adulta in Piuma di Roan Johnson, il restauro di un classico come Le Voleur(1965) di Louis Malle, il biopic introspettivo e politico di Jackie di Pablo Larraìn, l’occhio selvaggio di un regista estremo come Ulrich Seidl nel suo Safari e l’elaborazione del lutto secondo il cantautore Nick Cave nel doc One More Time With Feeling di Andrew Dominik, veicolo promozionale anche per il nuovo CD Skeleton Tree.

L’ultima fatica del direttore Barbera continua nello stesso spirito: se mai è stato realizzato un festival divertente, raffinato e stratificato, questo è Venezia 2016. Un festival al tempo stesso spassoso, ricercato, irrisolto e perfettamente levigato. La vita di un festival si distingue da quella di un essere umano, anzitutto perché può avvicinarsi ai 100 anni di vita. Il sofisticato senso del ritmo fa poi il resto. Ma anche perché un festival conosce alti e bassi come la vita di un essere umano. Dopo qualche anno di oblio, equivalente ai nostri problemi di salute, anche Venezia cinema può infatti ritornare d’attualità, cioè risorgere, e offrirsi ad una lettura diversa. E’ il lettore/spettatore inteso sia come critico che come storico cinematografico che vive con la propria cineteca personale come se fosse una comunità umana, in cui i valori e le suggestioni subiscono l’influenza degli avvenimenti in corso.

Quel che gli accade nell’esistenza quotidiana lo spinge a vedere di tutto. Luchino Visconti nel 1941 divise il cinema italiano tra un passato privo di vitalità e un futuro post-fascista con un articolo intitolato “Cadaveri”. Alla redazione di ciaocinema, che era presente in minima parte alla kermesse veneziana, le barriere viscontiane non piacciono e non a caso ci siamo occupati di uno dei titoli italiani più intriganti della selezione come Orecchie di Alessandro Aronadio. Restate dunque connessi, torneremo dettagliatamente sui film veneziani nelle prossime settimane.

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