Archivio film Cinema News — 22 Aprile 2016

Titolo originale: Kollektivet
Genere: Drammatico/Commedia
Regia: Thomas Vinterberg
Sceneggiatura: Thomas Vinterberg, Tobias Lindholm
Fotografia: Jesper Tøffner
Cast: Trine Dyrholm, Ulrich Thomsen, Helene Reingaard Neumann, Martha Sophie Wallstrom Hansen, Fares Fares, Lars Ranthe, Magnus Millang, Julie Agnete Vang.
Produzione: Jessica Ask, Mark Denessen, Madeleine Ekman, Arnold Heslenfeld, Sidsel Hybschmann.
Nazionalità: Danimarca
Anno: 2016
Durata: 111 minuti
Co-fondatore insieme a Lars von Trier del Dogma ’95, il regista danese Thomas Vinterberg con film come Festen (1998) e Il sospetto (2012) ha messo a nudo tramite uno stile claustrofobico e opprimente gli aspetti più terrificanti e ipocriti della borghesia e della società in generale. Una direzione che sembra seguire, se pur con toni meno drammatici, anche con la sua ultima fatica: La comune, premiato al 66° festival di Berlino con l’Orso d’Argento per la “migliore attrice”, andato a Trine Dyrholm.

L’opera in questione è ambientata negli anni Settanta e vede come protagonisti il professore universitario Erik e la giornalista televisiva Anna, coniugi con figlia quattordicenne che ereditano una grande villa appena fuori città. Su proposta della moglie, la casa diventerà una comune nella quale vivranno altri inquilini e famiglie, alcuni già amici della coppia, altri completamente nuovi. La convivenza andrà avanti tra riunioni, difficoltà e gioie, almeno fino a quando Erik tradirà Anna con una sua studentessa. Un evento che rischierà di rompere i (fragili) equilibri già creatosi.

Come si può evincere dal soggetto e dai suoi sviluppi, il film descrive dei personaggi che vivono un forte conflitto tra la volontà di chiudere con la loro mentalità borghese e il continuo riaffiorare di questa nei momenti di maggiore difficoltà. Questioni che emergono tanto sul piano materiale quanto su quello sentimentale: da un senso della proprietà che fa fatica ad andarsene completamente fino a una gelosia che si scontra con il pur sincero e coraggioso desiderio di aprirsi ad altre persone e relazioni anche sul piano più intimo e affettivo.
Se tutto ciò faccia parte della più intrinseca natura umana o se al contrario dipenda da costruzioni sociali difficilmente sradicabili, l’autore non lo spiega, così come rimane piuttosto aperto il finale, ad una prima impressione tronco e sbrigativo, in realtà complesso e interpretabile su più fronti. Ciò che invece risulta comunque sicuro e immediatamente riconoscibile è la critica a una certa borghesia, ritratta da Vinterberg come un po’ infantile e superficiale nei suoi presupposti e ipocrita e talvolta cinica nelle sue azioni.

Il tutto narrato con dei toni più leggeri rispetto ai titoli precedenti: anche se quasi interamente ambientata in interni, l’opera non è claustrofobica come “Festen” e opprimente come “Il sospetto”. Conseguenza sia di una narrazione non priva di eventi drammatici ma al tempo stesso aperta a una certa ironia, sia di una regia abbastanza tradizionale, distante dagli zoom e dai (voluti) traballamenti “dogmatici”.
Così, l’opera risulta piuttosto “tenue” nelle atmosfere, ma graffiante e stratificata nei contenuti, che sono sicuramente i punti di forza la pellicola; la quale pecca però nel ritmo narrativo, a tratti affaticato e non sempre efficace nel seguire il racconto.

Elementi che rendono il film complessivamente di medio livello, magari non particolarmente incisivo, anche se comunque interessante e consigliabile.

(0) Readers Comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *