TITOLO: Stay – nel labirinto della mente
ANNO: 2005
DURATA: 99 minuti
GENERE: Thriller
REGIA: Marc Forster
CAST: Ewan McGregor, Naomi Watts, Ryan Gosling, Kate Burton
TRAMA: Sam Foster è psichiatra in una prestigiosa università americana. Quando un suo giovane paziente, Henry Letham, gli confida il suo desiderio di suicidarsi entro tre giorni, Sam lo sottopone a una terapia durante la quale il ragazzo comincia a fare orribili premonizioni. Le profezie ben presto si avverano e per il dottore inizia una disperata corsa contro il tempo per salvare il ragazzo, se stesso e le persone a lui più care…
RECENSIONE: Da qualche settimana su facebook gira un link piuttosto popolare che afferma senza mezzi termini che “il corpo di una donna è composto per il 90 per cento da ansia”. Se dovesse essere vera una tesi del genere, possiamo anche noi affermare che la visione di questo film non è consigliata al pubblico femminile.
Battute a parte, lo stesso titolo del film intimorisce non poco: nel labirinto della mente. Il cervello umano è l’unico organo di cui non si conoscono ancora le dinamiche, addirittura si sostiene che una larghissima parte di esso non venga nemmeno utilizzata, o meglio, non se ne conoscono le funzionalità.
Nel momento in cui il regista Marc Forster decide di avventurarsi nei meandri della mente umana, non può farlo senza suscitare dei sentimenti di spaesamento e confusione, dovuti soprattutto al fatto che un argomento del genere costringe gli addetti ai lavori prima, e gli spettatori poi, a confrontarsi con se stessi, con realtà che di solito si ignorano proprio perché sarebbero troppo difficili da affrontare.
Fino a che non si giunge al finale a sorpresa che scioglie il formidabile intreccio narrativo della storia, qualsiasi spettatore si troverà disorientato. Non a caso. Il montaggio delle scene, la fotografia, i dialoghi, persino le inquadrature più insignificanti, sono studiate per trasmettere la sensazione che si prova quando ci si confronta con il proprio inconscio. Nessuno ne è esente, nemmeno i protagonisti principali. Lo psichiatra Sam Foster, a un certo punto della proiezione, si trova in una condizione del tutto simile a quella del suo paziente, Henry Letham, in un sapiente scambio di ruoli. Le scene che accompagnano le vicende di Foster sono montate in modo confusionario, rapido, ripetitivo a testimonianza del fatto che si viene a trovare completamente smarrito dentro se stesso. Smarrimento che viene in questo modo trasmesso allo spettatore. Il suo alter ego Henry Letham, invece, viene spesso accompagnato da sequenze lente, drammatiche, opprimenti, che si addicono perfettamente a un’aspirante suicida.
D’altronde, molti psicanalisti, da Freud a Jung, non hanno mancato di ritrovarsi in particolari condizioni psichiche. In particolar modo l’esperienza delicata trattata dal film, quella delle esperienze ai confini della morte, è descritta dallo stesso Jung nel suo testo autobiografico “Ricordi, sogni e riflessioni”, nel quale racconta gli attimi pre-morte da lui vissuti mentre si trovava in coma a seguito di un grave incidente.
Al termine della visione di questo film, che fino ad un attimo prima della fine appare del tutto privo di senso, si resta disorientati, amareggiati, costretti a fare i conti con alcuni tragici fatti della vita e con le loro irrimediabili conseguenze. Non è e non può essere un film per tutti e nemmeno adatto a tutte le occasioni, tuttavia, la scelta originale del tema trattato lo rende quasi unico nel suo genere e dotato di un’immensa profondità.
LA FRASE: Se questo è un sogno, c’è il mondo intero dentro.
GIUDIZIO COMPLESSIVO: 7
Daniele Dell’Orco
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