Per Woody Allen il significato dei nomi ha da sempre ricoperto un ruolo sintomatico nel delineare il profilo caratteriale dei suoi personaggi, mettendovi all’interno qualcosa di sè.
Se pensiamo al protagonista di “Il dormiglione”, si chiama Miles Monroe, omaggio a Miles Davis? probabile, mentre in “La dea dell’amore” Woody vuole chiamareil figlio adottivo Django, come l’amato jazzista Django Reinhardt o addirittura Harpo come uno dei fratelli Marx!
Quasi in ogni personaggio alleniano, a prescindere che sia interpretato dallo stesso Woody, si nasconde una sua passione, un personale tic gestuale o dialogico e persino le sue ossessioni filosofico-esistenziali.
In “Un giorno di pioggia a New York” Timothée Chalamet si chiama Gatsby Welles, nome che riporta inevitabilmente al personaggio di Francis Scott Fitzgerald, mentreil cognome rimanda a uno dei massimi autori della storia del cinema, Orson Welles.
Gatsby e Welles due figure donchisciottesche, sempre alla ricerca della creazione monumentale facendo della propria vita un sogno barocco, ed è in parte quelloche esprime il carattere del protagonista del film.Chalamet interpreta un universitario intellettuale, insicuro e romantico che vive in una dimensione retrò, ultima proiezione dell’Io alleniano sempre fluttuante tra arte e cultura, dandy contemporaneo alla costante ricerca del passato attraverso l’effetto nostalgia.
Il cinema di Allen è sempre più una bottega dei ricordi(come quella presente in “Midnight in Paris”), in cui i suoi personaggi maschili rifiutano la contemporaneità e vorrebbero rimodellarla sul passato, un effetto malinconico e sentimentale che trapela fortemente nei suoi ultimi lavori, specialmente da “Midnight in Paris” in giù.
Ecco perchè Parigi, Roma e ora, nuovamente, New York non sono la rappresentazione della nevrosi metropolitana e sociale(come invece accadeva in “Io e Annie”o in “Manhattan”), ma il sintomo poetico di una rifondazione estetica per una perduta âge d’or, che grazie anche al fondamentale apporto fotografico di Storaro emana un nitore di soffusa e magica trasfigurazione.Gli aranciati caldi di Storaro si (con)fondono con le superfici bagnate dalla pioggia e dalle lacrime, scaturigine di sentimenti perduti, mentre Chet Baker ritma l’azionedi corpi, sguardi e cuori traboccanti joie de vivre, per una nuova(eterna) primavera del cinema alleniano, dopo lo scetticismo sentimentale di un finto romance come”Magic in the Moonlight”.A Rainy Day in New York completa un’ideale trilogia del ri-sentimento, cioè del ritorno alla purezza classica nella rappresentazione romantico-sentimentale, iniziatacon i precedenti “Café Society” e “Wonder Wheel”(sempre illuminati da Storaro), dove la visione dell’autore si fa maggiormente empatica nella ri-scoperta dei sentimenti attraverso i suoi personaggi, lasciandosi alle spalle il fatalismo di “Irrational Man” o il rassegnato cinismo presente in “Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni” e “Blue Jasmine”
Un giorno di pioggia a New York è in assoluto la miglior commedia Alleniana degli ultimi anni, un carousel di equivoci in cui si incrociano varie forme di comicodallo slapstick alla sophisticated, fino alla screwball, con il metacinema sempre in primo piano e la duplicità femminile(altro pallino di Woody) presente nel doppioneoppositivo di Ashleigh e Shannon. Elle Fanning costruisce un ritratto di donna superficiale e nevrotica, mentre Selena Gomez rappresenta una femminilità più diretta esincera, quella che manderà in frantumi le demi-monde in cui rischia di rimanere intrappolato Gatsby Welles
Torna la pioggia quale paraninfo del vero amore come accadeva nel finale di “Midnight in Paris”, qui innalzata ad autentico leitmotiv per una ronde comico-romantica checontiene due baci da antologia, quello recitato sul set tra Gatsby e Shannon e quello conclusivo a Central Park(sempre tra loro), capace di condensare e rinnovare l’intera tradizione del bacio romantico hollywoodiano.
voto: 10