Archivio film Cinema News — 17 Aprile 2022

Titolo: Una madre, una figlia (Lingui)

Regia: Mahamat-Saleh Haroun

Sceneggiatura: Mahamat-Saleh Haroun

Cast: Achouackh Abakar Souleymane (Amina), Rihane Khalil Alio (Maria), Youssouf Djaoro (Brahim), Briya Gomdigue (Fanta), Hadjé Fatimé Ngoua (levatrice)

Fotografia: Mathieu Giombini

Montaggio: Marie-Hélène Dozo

Colonna sonora originale: Wasic Diop

Musiche: Theodore Shapiro

Produzione: Florence Stern, Pili Films (Francia) e Goï-Goï Productions (Ciad)

Nazionalità: Ciad/Francia/Germania/Belgio

Anno: 2021

Durata: 88 minuti

Il Ciad è un paese africano di circa 16,5 milioni di abitanti a prevalenza musulmana, di cui si sa ben poco. Nella capitale N’Djamena vivono oltre 1,6 milioni di persone. Sopravvivere è una sfida quotidiana, soprattutto per le donne sole. Il regista Mahamat-Saleh Haroun (Daratt, la stagione del perdono, 2006, premio speciale della Giuria a Venezia), che da anni vive in Francia, ha scelto di parlare di loro in Una madre, una figlia, presentato lo scorso anno a Cannes e al Torino Film Festival. Grazie ad Academy Two, il film esce adesso anche nei cinema italiani e rappresenta un’occasione per scoprire come si vive in quest’angolo d’Africa.

La protagonista, Amina, è una donna sui trent’anni di N’Djamena, che compra pneumatici usati, li sventra con grande fatica ed estrae il filo di ferro in essi contenuto, da cui ricava dei cesti di metallo che vende per duemila franchi africani (circa 3 euro). Amina è una ragazza madre, emarginata dalla sua famiglia d’origine quando è rimasta incinta e abbandonata dal padre della sua unica figlia, Maria, che ha 15 anni. Quando la ragazzina scopre di essere incinta, scoppia il dramma. Non vuole rivelare il nome del padre (che si saprà alla fine), teme di fare la stessa fine della madre – confinata ai margini della società – e desidera abortire. Il liceo che frequenta la espelle non appena si sparge la notizia. Amina, che è religiosa, non sa cosa fare. L’aborto in Ciad è condannato non solo dall’Islam, ma anche dalla legge. I medici e le infermiere che lo praticano rischiano la galera. Ma c’è chi cerca di aiutare le donne, soprattutto se sono state vittime di violenza. Amina, madre coraggiosa, cercherà con ogni mezzo di procurarsi il denaro per permettere alla figlia di abortire. Intorno alle due donne  c’è un mondo, fatto di regole sociali ferree, ma anche di solidarietà femminile e di complicità. Donne disposte ad aiutare e sostenere altre donne, ma solo dietro le quinte, purché non si sappia e non si infranga il patto sociale.

È questo tema a rendere così affascinante il film. Il regista ha scelto come titolo originale la parola lingui, intraducibile in italiano. Rappresenta ciò che «lega le persone per permettere loro di vivere insieme. Implica solidarietà, mutuo soccorso, aiutarsi reciprocamente per restare a galla», ha dichiarato. «Io posso esistere solo se anche gli altri esistono, è questo il lingui, il legame sacro del nostro tessuto sociale. E quando viene spezzato, preannuncia l’inizio di un conflitto». È un concetto tradizionale che oggi tende a sparire, purtroppo. Secondo Haroun, i governanti attuali sono cresciuti con l’idea del lingui, ma non la seguono perché sono mossi da interessi egoistici a breve termine, che li portano ad appropriarsi in modo indebito di ricchezze per il proprio vantaggio personale.

Nel film, Amina non si arrende. Desidera che sua figlia abbia una vita migliore della sua, e sa che l’istruzione è fondamentale. Maria deve tornare a scuola, a ogni costo. E alla fine ci riuscirà.

Amina e Maria sono personaggi fittizi ispirati, come ha detto il regista, a tante figure femminili di sua conoscenza. Trovare le protagoniste è stata una sfida notevole: in Ciad non esistono attori professionisti. Achouackh, che interpreta Amina, è l’unica ad aver già recitato una piccola parte in un altro film di Mahamat-Saleh Haroun, Grigris (2013). La giovane Rihane, che interpreta Maria, è un’esordiente. Longilinea ed elegante, è davvero perfetta nel suo ruolo. La sceneggiatura è piuttosto didascalica e forse un po’ prevedibile, ma la storia scorre molto bene ed è piacevole.

Una curiosità: Una madre, una figlia è un film destinato a essere visto soprattutto all’estero, e non in Ciad. A N’Djamena esiste infatti un’unica sala cinematografica e la televisione locale non trasmette film. Come già accaduto per le altre pellicole del regista, girerà solo nei video club dei villaggi, dove con pochi mezzi si tiene vivo l’amore l’amore per il cinema.

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