Titolo: Nemesi (The Assignment)
Regia: Walter Hill
Sceneggiatura: Walter Hill e Denis Hamill
Cast: Michelle Rodriguez, Sigourney Weaver , Tony Shalhoub, Anthony LaPaglia, Caitlin Gerard
Fotografia: James Liston
Musiche: Giorgio Moroder
Produzione: SBS Productions Solution Entertainment Group
Nazionalità: Usa
Anno: 2016
Durata: 95 minuti
Dopo il machismo classico e ridondante che ha contraddistinto il suo cinema nei Settanta e gli Ottanta, Walter Hill con Nemesi -The Assignment, presentato in anteprima mondiale al festival di Toronto, opera nella sua poetica una necessaria ristrutturazione, pur mantenendo il proprio riconoscibile carattere genetico. Così al di là della cura formale fatta di inquadrature in stile graphic novel, iridi, campi e controcampi e raccordi di sguardo, questo noir psicologico è un’operazione davvero chirurgica, ma anche complessa e teorica sul genere, che si compie tramite una rivoluzione asessuale. La donna per Hill non è più incarnazione apollinea. In The Assignment il racconto si articola non solo nelle forme del film di genere ma nella riflessione sul genere stesso, attraverso una trama esile, che a un certo punto non diventa solo un’intersezione di crime movie, horror e pulp ma una parodia orrida del maschilismo nell’action movie. Ciò accade quando la Dott.ssa Jane (Sigourney Weaver), punisce chirurgicamente il killer Frank Kitchen, reo di averle ucciso il fratello, con il cambio di sesso, avvalendosi della complicità dei malavitosi, con cui la vittima collaborava. La nuova condizione femminile di Kitchen scatena la sua ira verso i carnefici ed è conseguenza simbolica fin troppo esplicita. Così in un cinema d’azione che celebra oggi i corpi in disfacimento ( v. Stallone e la saga di The Expendables) Hill filma invece il corpo mimetico e metamorfico di Kitchen, una nemesi della femme fatale, che domina il desiderio maschile. Una vera e propria fenomenologia della sessualità cangiante e indefinita, dove il regista mette in scena la dittatura dell’indistinto. Nella sua visione siamo infatti tutti uguali, sessualmente indifferenziati. Il mantra è quello di demascolinizzare i maschi e defemminilizzare le femmine. Letteralmente e pure morbosamente, come avrete intuito. Per il medico Ralph che interroga la dott.ssa Jane è un ‘indagine a ritroso nel tempo, narrata in flashback, per venire a patti con una mimesi sessuale in un’ allegoria noir e grottesca della chirurgia estetica nella delinquenza, già affrontata peraltro da Hill nel memorabile Johnny il bello, capace di infrangere i tabù maschili, La donna qua non è l’amazzone alla Wonder Woman, di cui questo poliziesco è la vera nemesi, ma il corpo femminile si rivela bensì un involucro, una prigione di ormoni da curare con medicinali, per dare sfogo a pulsioni primitive e ferine. “Ti ho liberato dalla prigione del macho in cui vivevi” sentenzia la folle dottoressa in una registrazione per Kitchen e il nichilismo di Hill raggiunge la sua compiutezza. Nessuna solidarietà femminile, nessun codice criminale incline al romanticismo, nessun voyeurismo come nel saggio proibito per anni L’inferno di Henri Barbusse, ma solo vendetta come coazione a ripetere. Piuttosto qualche squarcio lirico come l’amicizia fra la donna e Poncho, un pitbull da combattimento come lei. Di Frank Kitchen mutato in femmina sopravvivono solo il nome maschile e la mira infallibile, come recita il monologo davanti alla videocamera dell’androgina Michelle Rodriguez, impegnata in un tour de force attoriale da far tremare i polsi. E pazienza se lo spettatore va al cinema convinto di vedere un action dozzinale con l’attrice di Fast and Furious: come diceva Alberto Moravia: “Per una donna i corteggiatori sono come le collane e i braccialetti: ornamenti di cui, se può, preferisce non disfarsi.”